Anche in un rapporto di lavoro originariamente strutturato come part-time, le parti possono accordarsi per una modifica oraria a tempo pieno per un periodo limitato, scaduto il quale il contratto ritorna all’orario originale, salva la possibilità di prorogare la durata della modifica.
La temporaneità della modifica oraria presuppone però la sussistenza di una esigenza organizzativa transitoria, idonea a giustificare l’assegnazione solo provvisoria di un incremento di ore ulteriori rispetto a quelle originariamente stabilite con l’assunzione.
In questi termini si è espresso Il Tribunale di Roma (15 aprile 2024, n. 4438) in relazione ad una fattispecie concernente la temporanea trasformazione del contratto di una lavoratrice part-time (a 24 ore settimanali) in full-time per la durata di un mese, successivamente prorogato dall’azienda per diversi mesi in ragione di esigenze organizzative non precisate, per poi ripristinarlo nell’originario orario part-time.
Per il Tribunale capitolino, non è preclusa la possibilità di aumentare la durata della prestazione lavorativa; tuttavia, “il temporaneo incremento di ore non dovrebbe superare il limite del 25% della normale prestazione annua a tempo parziale stabilito dell’art. 6, co. 2, d.lgs n. 81/2015, risultando altrimenti l’applicazione del termine violativa della normativa posta a tutela del lavoratore”.
La provvisoria modifica a tempo pieno appare dunque ammissibile solo per brevi periodi, “in quanto l’adibizione prolungata (e continuativa) al nuovo orario (a tempo pieno o parziale) svuota il senso stesso del termine (e dell’orario supplementare), determinando un nuovo assetto del rapporto, rispetto al quale appare illegittima una successiva riduzione unilaterale dell’orario di lavoro”.
Nel caso di specie, a parere del giudice, “la prolungata e continua prestazione di un orario pari a quello previsto per il tempo pieno ha di fatto determinato la trasformazione dell’orario di lavoro in tempo pieno”.
Ciò in quanto, sebbene la legge non preveda, nel caso di superamento del monte ore massimo previsto dalla contrattazione collettiva per il lavoro a tempo parziale (in mancanza di previsione legale o contrattuale collettiva), la trasformazione del rapporto in lavoro a tempo pieno, è comunque possibile che, “a causa della continua prestazione di un orario pari a quello previsto per il tempo pieno, possa ritenersi che la trasformazione si sia verificata per fatti concludenti, trattandosi di una prestazione di un orario maggiore, tale da far venir meno la scelta contrattuale iniziale di un orario parziale, superabile solo in determinate circostanze” (Cass. n. 8658/2018, in q. sito, con nota di A. EVANGELISTA).
In particolare, tali circostanze ricorrono quando vi sia, ad esempio: “1) continuità di lavoro; 2) programmazione degli orari supplementari elevati, una costante reperibilità, carenze strutturali dell’organico e, dunque, una prestazione divenuta a tempo pieno”.
Nel caso oggetto di controversia, l’assenza di specifiche esigenze organizzative dell’azienda che giustificassero il temporaneo svolgimento di ore in più di quelle originariamente concordate, nonché le continue proroghe apportate alla durata della modifica oraria, dimostrano “che la volontà reale delle parti era di trasformare … il contratto a tempo pieno (o, comunque, hanno accettato con “fatti concludenti” di trasformare definitivamente quanto inizialmente pattuito come temporaneo)”.
Nota a Trib. Roma 15 aprile 2024, n. 4438