Contratto di agenzia, procacciatore d’affari e stabilità del rapporto

I caratteri distintivi del contratto di agenzia consistono “nella continuità e stabilità dell’attività dell’agente di promuovere la conclusione di contratti per conto del preponente, nell’ambito di una determinata sfera territoriale, realizzando in tal modo con quest’ultimo una non episodica collaborazione professionale autonoma, con risultato a proprio rischio, e con l’obbligo naturale di osservare, oltre alle norme di correttezza e di lealtà, le istruzioni ricevute dal preponente medesimo (v. Cass. n. 16565/2020)

Diversamente, il rapporto di procacciatore d’affari si concretizza “nella più limitata attività di chi, senza vincolo di stabilità ed in via del tutto episodica, raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole all’imprenditore da cui ha ricevuto l’incarico di procurare tali commissioni.

Pertanto, “mentre la prestazione dell’agente è stabile, avendo egli l’obbligo di svolgere l’attività di promozione dei contratti, la prestazione del procacciatore è occasionale nel senso che dipende esclusivamente dalla sua iniziativa”.

Così si esprime la Corte di Cassazione (ord. 28 agosto 2024, n. 23214), in linea con la Corte territoriale che ha evidenziato come: a) il rapporto di agenzia commerciale, diversamente da quello del procacciatore d’affari, si basi su una prestazione stabile e sull’obbligatorietà dell’attività di promozione; ed ha ritenuto che i ricorrenti non avessero specifici vincoli o obblighi contrattuali di promuovere affari per conto della preponente  difettando dell’elemento della stabilità – “diverso da quello della continuità che può connotare anche l’incarico di procacciatore d’affari; b) e che, nella fattispecie, mancava l’obbligo di adempiere gli incarichi in conformità alle istruzioni ricevute o di fornire al preponente le informazioni riguardanti le condizioni del mercato in una determinata zona assegnata, come invece richiede l’art. 1746 c.c., co.1, secondo cui l’agente: “… deve adempiere l’incarico affidatogli in conformità delle istruzioni ricevute e fornire al preponente le informazioni riguardanti le condizioni del mercato nella zona assegnatagli, e ogni altra informazione utile per valutare la convenienza dei singoli affari. È nullo ogni patto contrario”.

Sentenza 

CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 agosto 2024, n. 23214

Lavoro – Accertamento negativo obbligo di contribuzione – Difetto della stabilità dei rapporti – Prestazione occasionale del procacciatore d’affari – Inammissibilità

Rilevato che

1.la Corte di appello di Roma ha dichiarato inammissibile l’appello principale proposto dalla società ricorrente e giudicato infondato l’appello incidentale di E. avverso la decisione di primo grado che aveva accolto, parzialmente, la domanda della A.C. S.R.L di accertamento negativo dell’obbligo di contribuzione;

2. in particolare, il Tribunale aveva dichiarato la società tenuta al pagamento, in favore dell’E., della minor somma di 81.728,43.

Aveva infatti escluso l’obbligo contributivo in relazione a due posizioni lavorative;

3. la Corte di appello ha, in via preliminare, disposto lo stralcio delle memorie depositate dall’appellante principale in quanto non autorizzate;

4. ha, quindi, dichiarato inammissibile l’appello principale «mancando nell’atto di gravame ogni confutazione critica […] del ragionamento argomentativo sviluppato dal primo giudice in violazione del requisito di specificità prescritto[…] dall’ art. 434 cod. proc. civ.»;

5. a fondamento invece, del rigetto dell’appello incidentale, ha, in primo luogo, osservato come la parte debitrice avesse contestato l’obbligo contributivo in relazione a tutte le posizioni lavorative e, pertanto, non sussisteva la denunciata violazione del principio di non contestazione.

Ha, poi, ritenuto, in relazione alle due posizioni controverse (in vero, per una, limitatamente ad un periodo del rapporto di lavoro), che non vi erano le condizioni per la qualificazione dei rapporti in termini di agenzia.

Difettava l’elemento della stabilità dei rapporti -diverso da quello della continuità che poteva connotare anche l’incarico di procacciatore di affari- e neppure erano emersi elementi circa l’obbligo di adempiere gli incarichi in conformità alle istruzioni ricevute o di fornire al preponente le informazioni riguardanti le condizioni del mercato in una determinata zona assegnata, come invece richiedeva l’art. 1746 cod.civ.;

6. avverso la decisione, ha proposto ricorso principale la società A.C. SRL, con un unico articolato motivo, illustrato con memoria;

7. ha resistito, con controricorso, contenente ricorso incidentale, con tre motivi, l’E.;

8. il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni dall’adozione della decisione in Camera di consiglio.

Considerato che

9. con l’unico e articolato motivo di ricorso, la ricorrente in via principale denuncia – ai sensi dell’art. 360 nn. 3, 4 e 5 cod.proc.civ. – la violazione e falsa applicazione degli artt. 434, 436 e 416 cod.proc.civ., dell’art. 24 Cost., dell’art. 1742 cod.civ., degli artt. 115 e 116 cod.proc.civ. nonché omesso esame di un punto decisivo ovvero insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia;

10. in particolare, il motivo investe la duplice statuizione della Corte di appello:

– quella di stralciare la memoria depositata il 16.02.2023. Assume la ricorrente che la memoria altro non era che «la costituzione» dell’appellante avverso la comparsa con appello incidentale dell’appellata fondazione E.;

– quella relativa alla declaratoria di inammissibilità dell’appello principale perché carente della specifica confutazione delle ragioni poste a fondamento della decisione di primo grado;

11. il Collegio giudica il motivo inammissibile;

12. costituisce principio della Corte quello per cui il requisito imposto dall’art. 366, comma 1, nr. 6 cod.proc.civ., deve essere verificato anche in caso di denuncia, come nella specie, di errores in procedendo, rispetto ai quali la Corte è giudice del «fatto processuale», perché l’esercizio del potere/dovere di esame diretto degli atti è subordinato al rispetto delle regole di ammissibilità e di procedibilità stabilite dal codice di rito, in nulla derogate dall’estensione ai profili di fatto del potere cognitivo del giudice di legittimità (Cass., sez.un. nr. 8077 del 2012);

13. la parte, quindi, non è dispensata dall’onere di indicare in modo specifico i fatti processuali alla base dell’errore denunciato e di trascrivere nel ricorso gli atti rilevanti, perché la Corte di Cassazione, anche quando è giudice del fatto processuale, deve essere posta in condizione di valutare ex actis la fondatezza della censura e deve procedere solo ad una verifica degli atti stessi non già alla loro ricerca (cfr. fra le più recenti Cass., sez.un., nr. 20181 del 2019; Cass. nr. 20924 del 2019);

14. è da rilevare, peraltro, che, anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza della Corte EDU, sez. I, 28 ottobre 2021, il motivo di ricorso che si limiti a fare rinvio ad atti allegati e contenuti nel fascicolo di parte, senza riassumerne il contenuto, non soddisfa il requisito ineludibile dell’autonomia del ricorso per cassazione, fondato sulla idoneità del contenuto delle censure a consentire la decisione (Cass. nr. 6769 del 2022);

15. poste tali premesse, le censure che investono la prima delle due statuizioni, difettano senz’altro di specificità.

Parte ricorrente, infatti, deduce ma non trascrive, nel ricorso per cassazione, il contenuto della «memoria» che assume illegittimamente espunta dagli atti di causa. I rilievi sono genericamente sviluppati a pag. 27 del ricorso, senza, però, che il contenuto della memoria medesima sia adeguatamente riportato, al fine di sorreggere le critiche;

16. analoghi limiti presentano le ulteriori censure;

17. come è noto, gli artt. 342 e 434 cod.proc.civ., nel testo formulato dal D.L. nr. 83 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge nr. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Cass., sez.un. nr. 27199 del 2017; in senso conforme, più di recente, Cass., sez.un. nr. 36481 del 2022);

18. la sentenza impugnata appare coerente con tale principio di diritto e i rilievi svolti non valgono a superare quanto affermato dalla Corte di merito;

19. gli oneri di deduzione sopra delineati imponevano, infatti, la riproduzione tanto all’atto di appello quanto della sentenza di primo grado ( v. Cass. nr. 5293 del 2024, in motiv., punto 2; v. anche Cass. nr. 22771 del 2023, in motiv., punto 6; Cass. nr. 8907 del 2023, punto 3; Cass. nr. 6643 del 2023, punto 2; Cass. nr. 34255 del 2022, pp. 8 e 9);

20. il ricorso, invece, trascrive i motivi di appello ma non anche la sentenza di primo grado, sicché non è dato comprendere se e in che misura le statuizioni di primo grado erano state efficacemente aggredite;

21. con il primo motivo del ricorso incidentale, tempestivamente proposto, è dedotta – ai sensi dell’art. 360 nr. 4 cod.proc.civ. – la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 cod.proc.civ e dell’art. 132, co. 2, nr. 4 per avere la sentenza d’appello rigettato il motivo di gravame con il quale si sosteneva la violazione del principio di non contestazione da parte del Tribunale;

22. il motivo va, nel complesso, rigettato;

23. questa Corte ha chiarito che il principio di non contestazione opera esclusivamente in relazione agli atti processuali e non con riferimento ad atti extraprocessuali, quale è il verbale ispettivo;

24. diversamente verrebbe ad interrompersi la circolarità, necessariamente endoprocessuale, tra oneri di allegazione, di contestazione e di prova di cui al combinato disposto dell’art. 414 , nn. 4 e 5, e art. 416 cod.proc.civ. (Cass. nr. 31704 del 2019, con riferimento ai giudizi di opposizione a cartella esattoriale e successive conformi; Cass. nr. 19774 del 2023, con riferimento ai giudizi di accertamento negativo dell’obbligo contributivo a seguito di verbale ispettivo);

25. sono, pertanto, infondate le censure riferite al ricorso di accertamento negativo del credito, introduttivo del giudizio di primo grado, perché argomentate in relazione alla mancata contestazione dei fatti illustrati nel verbale ispettivo ( pag. 17, punto 1B, ricorso incidentale);

26. sono invece inammissibili, per difetto di specificità, i rilievi che imputano alla sentenza impugnata la violazione dell’art. 115 cod.proc.civ., in relazione alle circostanze dedotte nella memoria di costituzione, con domanda riconvenzionale ( pagg. 18 e ss., punti 1C e 1D del ricorso incidentale).

L’E. assume una contestazione generica alla prima udienza utile ma non riproduce il verbale di udienza del 10.09.2018 a conferma della deduzione.

L’omissione è tanto più significativa in ragione della espressa e contraria statuizione contenuta nella sentenza impugnata.

Vale, in parte qua, quanto osservato in relazione al ricorso principale;

27. può anche aggiungersi, con riguardo al novellato art. 115 cod.proc.civ. , che la Corte ha ritenuto come spetti al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, la esistenza e il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte e tale accertamento è sindacabile in cassazione solo per vizio di motivazione, nei ristretti limiti di cui all’art. 360 n. 5 cod.proc.civ. (Cass. nr. 1154 del 2022; Cass nr. 15256 del 2022);

28. con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1742 e ss. cod.civ.;

29. si assume una non completa ed esaustiva enucleazione degli elementi di fatto che devono essere tenuti in considerazione e valorizzati ai fini della distinzione tra il rapporto di agenzia e quello di procacciamento di affari;

30. il motivo è infondato;

31. secondo la giurisprudenza di questa Corte (tra le più recenti, v. Cass. n. 16565 del 2020), i caratteri distintivi del contratto di agenzia debbano individuarsi nella continuità e stabilità dell’attività dell’agente di promuovere la conclusione di contratti per conto del preponente, nell’ambito di una determinata sfera territoriale, realizzando in tal modo con quest’ultimo una non episodica collaborazione professionale autonoma, con risultato a proprio rischio, e con l’obbligo naturale di osservare, oltre alle norme di correttezza e di lealtà, le istruzioni ricevute dal preponente medesimo.

Il rapporto di procacciatore d’affari si concreta, invece, nella più limitata attività di chi, senza vincolo di stabilità ed in via del tutto episodica, raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole all’imprenditore da cui ha ricevuto l’incarico di procurare tali commissioni; mentre la prestazione dell’agente è stabile, avendo egli l’obbligo di svolgere l’attività di promozione dei contratti, la prestazione del procacciatore è occasionale nel senso che dipende esclusivamente dalla sua iniziativa;

32. nella sentenza impugnata non si riscontrano errori di applicazione dei criteri appena esposti e le censure, in effetti, criticano essenzialmente la valutazione, resa dalla Corte di appello, in merito al concreto atteggiarsi dei rapporti;

33. la Corte territoriale ha, nella sostanza, adottato quale criterio di qualificazione delle intercorse collaborazioni quello della «stabilità della prestazione e dell’obbligatorietà dell’attività di promozione» che caratterizza il rapporto di agenzia commerciale e non anche quello del procacciatore d’affari. Ha ritenuto, in base ad un giudizio di merito non ritualmente censurato, che i due collaboratori (uno, per un limitato periodo del rapporto di lavoro) non avessero specifici vincoli o obblighi contrattuali di promuovere affari per conto della preponente;

34. con il terzo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 4 cod.proc.civ.- è dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132, co. 2, nr. 4 cod.proc.civ. per motivazione inesistente e/o meramente apparente;

35. l’omissione motivazionale è riferita al mancato scrutinio di elementi di valutazione indicati in sede di appello incidentale in relazione, in particolare, ad una delle due posizioni lavorative controverse;

36. anche l’ultimo motivo è da respingere; il sindacato motivazionale consentito ad oggi è quello rapportato al c.d. «minimo costituzionale».

È attribuito rilievo solo all’anomalia motivazionale (tra le recenti, Cass. sez.un. nr. 37406 del 2022, con richiami a Cass., sez.un., nn. 8053, 8054 e 19881 del 2014) che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, e che si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass., sez.un., nr.19881 del 2014; ex multis: Cass. nr. 2889 del 2023);

37. in base a quanto fin qui riportato, la sentenza impugnata non è affetta dal vizio denunciato, risultando chiaramente espresse le ragioni della decisione; l’esattezza o meno delle argomentazioni che sorreggono il decisum non riguarda il piano della motivazione in sé;

38. in conclusione, il ricorso principale va dichiarato inammissibile mentre va rigettato quello incidentale;

39. la reciproca soccombenza giustifica l’integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità;

40. sussistono, invece, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove il versamento risulti dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale. Compensa le spese del giudizio di legittimità

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuti.

Nota a Cass. (ord.) 28 agosto 2024, n. 23214