“La responsabilità del committente o del sub-committente per i danni derivati al lavoratore nel corso dell’attività lavorativa concessa in sub appalto, a causa dell’inosservanza delle misure di tutela delle condizioni di lavoro, è configurabile, ai sensi degli artt. 2087 c.c. e 7 del d.lgs. n. 626 del 1994”. Ciò, “a prescindere dalla conoscenza dell’esistenza del sub-appalto, atteso che il citato art. 7 (ora art. 26 del d.lgs. n. 81 del 2008) pone a carico del committente datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori ad altre imprese, l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità e la salute dei lavoratori, nonché quello di cooperare nell’attuazione degli strumenti di protezione e prevenzione dei rischi connessi sia al luogo di lavoro sia all’attività appaltata, nell’ambito dell’intero ciclo produttivo, obblighi rispetto al cui adempimento il dovere di sapere del sub appalto costituisce una essenziale precondizione” (Cass. n. 12465/20, conforme a 12561/17).
Lo ribadisce la Corte di Cassazione (4 giugno 2024, n. 15581; v. anche Cass. n. 12465/20; e Cass. n.12561/17) che, in linea con la Corte di appello di Ancona, aveva affermato la responsabilità di tutti i soggetti convenuti in giudizio dall’infortunato e dall’Inail, sulla base della posizione di garanzia rivestita da ciascuno di essi “nelle rispettive qualità e nelle connesse sfere di competenze che da tali posizioni discendevano”.
La Corte specifica che:
a) la speciale azione di regresso spettante (“jure proprio”) all’Istituto ai sensi del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 10 ed 11, è esperibile sia nei confronti del datore di lavoro, sia verso i soggetti responsabili o corresponsabili dell’infortunio in ragione della condotta da essi tenuta in attuazione dei loro compiti di preposizione o di meri addetti all’attività lavorativa. Essi, infatti, pur essendo estranei al rapporto assicurativo, “rappresentano organi o strumenti mediante i quali il datore di lavoro ha violato l’obbligo di garantire la sicurezza nel luogo di lavoro, senza che a ciò sia di ostacolo la possibile affermazione della loro responsabilità solidale atteso che l’art. 2055 c.c., consente la diversità dei rispettivi titoli di responsabilità (contrattuale per il datore di lavoro ed extracontrattuale per gli altri)” (v. Cass. SU. n. 3288/97);
b) in particolare, in base al criterio di rappresentatività, qualora il datore di lavoro rivesta la forma societaria, la relativa responsabilità (sia penale che civile), grava sul legale rappresentante della persona giuridica, in quanto preposto alla gestione della società. Tale responsabilità, “s’identifica con il principale destinatario delle norme antinfortunistiche, salvo la sussistenza di una espressa delega volta a trasferire l’obbligo di prevenzione dal titolare della posizione di garanzia ad altri soggetti inseriti nell’apparato organizzativo della società…. In altri termini, “la carica di legale rappresentante di una società costituisce il soggetto in una posizione di garanzia, sicché egli risponde della condotta che i dipendenti della società pongono in essere nello svolgimento dei compiti loro affidati, salvo che dimostri di aver delegato ad altri la direzione dell’attività dei dipendenti o la loro vigilanza” (v. Cass. pen. n. 43091/14).
Sentenza
CORTE DI CASSAZIONE 4 giugno 2024, n. 15581
Svolgimento del processo
Il 3.7.2006, l’operaio S.M., dipendente della D. srl, nell’area dello stabilimento I.C. spa, in Melano di Fabriano, lavorando all’interno di un cantiere, incorreva in un infortunio sul lavoro, riportando lesioni personali gravi, con postumi permanenti.
L’infortunio era indennizzato dall’Inail che agiva successivamente in giudizio, in via di regresso, a mente degli artt. 10 e 11 del DPR n. 1124/65 nei confronti della impresa assicurante, datrice di lavoro D. srl e del suo legale rappresentante pro tempore, F.C.; allo stesso titolo, agiva nei confronti del subappaltatore F.G., titolare della ditta S.F.C., nonché nei confronti dell’ingegnere L.A., quale responsabile e direttore dei lavori, chiedendo il pagamento in solido di € 142.924,84.
Nella rispettiva memoria di costituzione in giudizio, il L. e la D. srl, chiamavano in garanzia la Compagnia assicurativa G.I. spa, viceversa, gli altri convenuti F. e F., restavano contumaci.
Con sentenza del 19.07.2019 n. 249, la Corte d’appello di Ancona respingeva l’appello principale di F.C. e D. srl, avverso la sentenza del tribunale di Ancona, che in riferimento al predetto infortunio sul lavoro dell’operaio S., aveva condannato la D. srl, il suo legale rappresentante e F.G. quale titolare della ditta subappaltatrice S.F.C., al risarcimento del danno in favore dello stesso S.M., per tutte le voci e secondo gli importi meglio indicati in sentenza e in favore dell’Inail per il costo dell’infortunio, mentre, la medesima Corte d’appello accoglieva gli appelli incidentali tardivi di S.M. e quello dell’Inail nei confronti di L.A., il quale concentrava i diversi ruoli di Direttore dei lavori nonché di Coordinatore per la sicurezza sia in fase di progettazione che in fase di esecuzione che, quindi, veniva condannato con gli altri responsabili civili e che, invece, era andato esente da responsabilità, in sede di giudizio di primo grado, per l’insussistenza – ad avviso del tribunale – del nesso di causalità tra le omissioni contestategli e l’infortunio in questione e stante l’assenza di un obbligo di assidua vigilanza in capo al medesimo (cfr. ricostruzione pp. 2 e ss., controricorso Inail).
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona, L.A. propone ricorso in cassazione sulla base di due motivi, mentre D. srl e F.C. hanno resistito con controricorso e ricorso incidentale sulla base di tre motivi; l’Inail ha resistito con controricorso sia al ricorso principale che a quello incidentale. D. spa, F.C. nonché l’Inail hanno depositato memoria.
Il PG ha concluso in udienza nel senso del rigetto sia del ricorso principale che di quello incidentale. Il collegio riserva sentenza, nel termine di novanta giorni dall’adozione della decisione in camera di consiglio.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso principale, il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare dell’art. 334 c.p.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., in quanto gli appelli incidentali tardivi proposti nei confronti dell’odierno ricorrente non erano ammissibili, in quanto autonomi rispetto all’appello principale.
In buona sostanza, secondo il ricorrente, l’interesse alla proposizione dell’appello incidentale tardivo, ai fini della legittimità della domanda, deve sorgere dalla proposizione dell’impugnazione principale, in quanto tale interesse “sopravvenuto” giustifica la proposizione dell’impugnazione dopo che la parte aveva prestato acquiescenza alla pronuncia nel termine ordinario di impugnazione; infatti, secondo il medesimo ricorrente, se l’interesse alla proposizione dell’appello incidentale non è sorto dalla proposizione dell’appello principale proposto da altra parte, la parte soccombente dovrebbe proporre appello principale, nel termine ordinario di impugnazione, mentre, invece, gli appellanti incidentali, benché avessero prestato acquiescenza alla sentenza di primo grado, non avendola impugnata nei termini, tuttavia, avevano chiesto tardivamente l’accoglimento delle domande proposte – e rigettate in prime cure – nei confronti del L.
Con il secondo motivo di ricorso principale, il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare degli artt. 40 e 41 c.p., nonché dell’art. 1127 secondo comma c.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., per l’assenza di nesso causale a carico del L. per il fatto occorso, mentre la Corte d’appello aveva predicato la responsabilità del L., senza verificare il concreto nesso causale tra la presunta condotta omissiva e il predetto fatto occorso, sulla base di un astratto assunto controfattuale adottato in violazione del principio della causalità adeguata di cui all’art. 40 c.p. e del divieto di presumere una responsabilità oggettiva, come si desumerebbe, a contrariis, .dall’art 1227 comma 2 c.c., in tema di risarcimento del danno.
Con il primo motivo di ricorso incidentale, i ricorrenti deducono la contraddittorietà della sentenza impugnata, per mancato accoglimento della domanda proposta in via subordinata dagli stessi, in quanto appellanti, in riferimento alla domanda di condanna del L. (o di malleva, in ragione della responsabilità solidale, ex art. 2055 c.c.), che invece era stata accolta come domanda incidentale proposta del lavoratore e dell’Inail, in quanto appellati.
In buona sostanza i ricorrenti incidentali si dolgono che non sia stata dichiarata la responsabilità esclusiva del L. (quale responsabile della sicurezza) e del F. (quale titolare della ditta subappaltatrice) e cioè, in sostanza lamentano che la Corte d’appello abbia confermato la loro responsabilità nella causazione del sinistro, già accertata dal primo giudice.
Con il secondo motivo di ricorso incidentale, i ricorrenti deducono la carenza di legittimazione passiva di F.C., legale rappresentante della D.srl, lamentando che fosse stata individuata una autonoma e concorrente responsabilità civile di quest’ultimo nei confronti di entrambi i ricorrenti, Inail e lavoratore, benché tali ricorrenti originari si fossero limitati ad agire o nei confronti della sola D. srl, ovvero nei confronti del F. quale legale rappresentante.
Con il terzo motivo di ricorso incidentale, i ricorrenti deducono il vizio di violazione di legge, in particolare, degli artt. 91-97 c.p.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché la Corte d’appello, in riferimento al regime delle spese processuali, le aveva poste a carico dei diversi obbligati in solido in distinti capi, essendo stati condannati il L. e G.I. spa , in virtù del capo c) della sentenza, mentre il F. e la D. spa in virtù del capo d), quando unica doveva essere la condanna (quindi, in solido fra tutti i coobbligati), per l’accoglimento dell’unica originaria domanda di risarcimento del danno, ancorché a carico di più coobbligati in solido. Il primo motivo di ricorso principale è infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, “L’impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, ove l’impugnazione principale metta in discussione l’assetto d’interessi derivante dalla sentenza cui la parte non impugnante aveva prestato acquiescenza, con la conseguenza che è ammissibile anche se riguarda un capo della decisione diverso da quello oggetto del gravame principale, o se investe lo stesso capo per motivi diversi da quelli già fatti valere, atteso che l’interesse ad impugnare sorge, anche nelle cause scindibili, dall’eventualità che l’accoglimento dell’impugnazione principale modifichi l’assetto giuridico originariamente accettato dal coobbligato solidale, dovendosi intendere la lettera dell’art. 334, comma 1, c.p.c. “parti contro le quali è stata proposta l’impugnazione” come rivolta ad ogni parte che ne potrebbe subire effetti pregiudizievoli” (Cass. n. 25285/20, 14094/20, mentre vanno considerati superati gli orientamenti di cui a Cass. nn. 6156/18, 27616/19).
Nella specie, il lavoratore infortunato e l’Inail, che pure avevano prestato acquiescenza alla sentenza di primo grado a loro favorevole e sfavorevole a D. srl e F.G., titolare della ditta subappaltatrice, tuttavia, in presenza dell’impugnazione principale di questi ultimi, hanno ritenuto utile richiedere l’ampliamento dei soggetti civilmente responsabili, l’Inail per ripartire tra più soggetti il costo che aveva sopportato per risarcire il lavoratore infortunato, e quest’ultimo per chiedere la parte di danno differenziale non risarcito dall’Istituto assicurativo.
Il secondo motivo di ricorso principale è inammissibile; il ricorrente, infatti, da una parte, solleva censure di merito relative alla sussistenza o meno del nesso di causalità tra la sua condotta come responsabile della sicurezza del cantiere e l’evento infortunistico a danno del lavoratore contestando, ma in termini di mero dissenso, l’accertamento di fatto espresso dalla Corte del merito e dall’altra non si confronta neppure con la effettiva statuizione della Corte territoriale che lo ha ritenuto responsabile, in quanto titolare di una posizione di garanzia relativamente alla sicurezza del medesimo cantiere.
Il primo motivo di ricorso incidentale è infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, “La responsabilità del committente o del sub-committente per i danni derivati al lavoratore nel corso dell’attività lavorativa concessa in sub appalto, a causa dell’inosservanza delle misure di tutela delle condizioni di lavoro, è configurabile, ai sensi degli artt. 2087 c.c. e 7 del d.lgs. n. 626 del 1994, a prescindere dalla conoscenza dell’esistenza del sub-appalto, atteso che il citato art. 7 (ora art. 26 del d.lgs. n. 81 del 2008) pone a carico del committente datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori ad altre imprese, l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità e la salute dei lavoratori, nonché quello di cooperare nell’attuazione degli strumenti di protezione e prevenzione dei rischi connessi sia al luogo di lavoro sia all’attività appaltata, nell’ambito dell’intero ciclo produttivo, obblighi rispetto al cui adempimento il dovere di sapere del sub appalto costituisce una essenziale precondizione” (Cass. n. 12465/20, conforme a 12561/17).
Nella specie, la Corte di appello ha correttamente affermato la responsabilità di tutti i soggetti convenuti in giudizio dall’infortunato e dall’Inail, sulla base della posizione di garanzia rivestita da ciascuno di essi nelle rispettive qualità e nelle connesse sfere di competenze che da tali posizioni discendevano, in conformità del principio di diritto enunciato, mentre non ha ritenuto di riconoscere nessuna domanda di manleva in favore del L.
Il secondo motivo di ricorso incidentale è infondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, “ (…) la speciale azione di regresso spettante (“jure proprio”) all’Istituto ai sensi del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 10 ed 11, è esperibile non solo nei confronti del datore di lavoro, ma anche verso i soggetti responsabili o corresponsabili dell’infortunio a causa della condotta da essi tenuta in attuazione dei loro compiti di preposizione o di meri addetti all’attività lavorativa, giacché essi, pur essendo estranei al rapporto assicurativo, rappresentano organi o strumenti mediante i quali il datore di lavoro ha violato l’obbligo di garantire la sicurezza nel luogo di lavoro, senza che a ciò sia di ostacolo la possibile affermazione della loro responsabilità solidale atteso che l’art. 2055 c.c., consente la diversità dei rispettivi titoli di responsabilità (contrattuale per il datore di lavoro ed extracontrattuale per gli altri) (Cass. sez. un. N. 3288/97)”, cfr. Cass. 17486/13, non massimata.
Infatti, in base al criterio di rappresentatività, nel caso in cui il datore di lavoro rivesta la forma societaria, la relativa responsabilità, sia penale che civile, grava proprio sul legale rappresentante della persona giuridica, essendo colui che è preposto alla gestione della società e s’identifica con il principale destinatario delle norme antinfortunistiche, salvo la sussistenza di una espressa delega volta a trasferire l’obbligo di prevenzione dal titolare della posizione di garanzia ad altri soggetti inseriti nell’apparato organizzativo della società, delega di cui nel caso di specie, non è stata fornita alcuna prova: infatti, la carica di legale rappresentante di una società costituisce il soggetto in una posizione di garanzia, sicché egli risponde della condotta che i dipendenti della società pongono in essere nello svolgimento dei compiti loro affidati, salvo che dimostri di aver delegato ad altri la direzione dell’attività dei dipendenti o la loro vigilanza (Cass. pen. N. 43091/14).
Il terzo motivo di ricorso incidentale è inammissibile; infatti, la decisione di emettere una condanna in solido al pagamento delle spese processuali costituisce esercizio di una facoltà discrezionale del giudice del merito, incensurabile in cassazione se congruamente motivato, nei limiti di cui all’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c. novellato (Cass. n. 17281/11) e la Corte d’appello ha escluso il vincolo di solidarietà nella liquidazione delle spese, atteso che ciascuno dei responsabili civili è stato chiamato a rispondere per posizioni e pretese diverse.
Le spese di lite seguono la soccombenza del ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali in favore dell’Inail che si è costituito con distinti controricorsi e sono liquidate come in dispositivo.
Le medesime spese di lite possono compensarsi, invece, tra ricorrente principale e ricorrenti incidentali, in quanto entrambi soccombenti.
Sussistono i presupposti del raddoppio del contributo unificato a carico sia del ricorrente principale che dei ricorrenti incidentali.
P.Q.M.
Rigetta sia il ricorso principale che il ricorso incidentale. Condanna sia il ricorrente principale che i ricorrenti incidentali a pagare ciascuno le spese di lite in favore dell’Inail, che liquida in € 8.500,00, oltre € 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge. Compensa le spese tra ricorrente principale e ricorrenti incidentali.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente principale e incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso articolo 13.
Nota a Cass 4 giugno 2024, n. 15581