Se lo spostamento compiuto dal lavoratore è strettamente funzionale alla prestazione lavorativa, lo stesso va considerato parte integrante della stessa e l’eventuale infortunio, ivi avvenuto, deve essere risarcito.
È quanto sancito dalla Corte di Cassazione (ord. 5 novembre 2024, n. 28429) la quale, con riferimento al ricorso promosso da un lavoratore per essersi infortunato durante uno spostamento dalla sede aziendale a un cantiere, ribaltando la pronuncia della Corte d’Appello di Trieste, ha offerto una lettura più ampia e inclusiva del concetto di infortunio in itinere.
Secondo la Cassazione, se il lavoratore, obbligato a presentarsi presso la sede aziendale, deve poi recarsi in altre località per svolgere la propria mansione, il tragitto necessario diventa un’estensione dell’attività lavorativa “allorché lo spostamento sia funzionale rispetto alla prestazione”.
La Corte ha precisato inoltre che, se lo spostamento è indispensabile per l’esecuzione della prestazione lavorativa, il tempo impiegato e il rischio associato rientrano senza dubbio nella tutela prevista dalla normativa sugli infortuni e il fatto che il lavoratore utilizzi un mezzo privato non esclude la natura lavorativa dello spostamento, purché sia stato compiuto nell’interesse dell’azienda.
Sentenza
CORTE DI CASSAZIONE Ordinanza 5 novembre 2024, n. 28429
Svolgimento del processo
Con sentenza del 7.11.2017 n. 334, la Corte d’Appello di Trieste respingeva il gravame di A.A., avverso la sentenza del Tribunale di Udine che aveva rigettato la domanda di quest’ultimo nei confronti dell’Inail, volta a far accertare e dichiarare la natura indennizzabile dell’evento occorsogli, come infortunio “in itinere”.
La Corte d’Appello, nel confermare la sentenza di primo grado, non riconosceva la natura indennizzabile dell’infortunio.
Avverso la sentenza della Corte d’Appello, A.A. propone ricorso in cassazione sulla base di un motivo, mentre l’Inail resiste con controricorso.
Il collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della decisione in camera di consiglio.
Motivi della decisione
Con il motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, degli artt. 2 comma 1 e 3 del D.P.R. n. 1124/65 , degli artt. 99 , 112 e 113 c.p.c. e del principio della qualificazione ex officio della fattispecie a prescindere da quella operata negli atti di causa, perché il giudice del gravame avrebbe dovuto qualificare l’evento infortunistico occorso al sig. A.A., come un infortunio sul lavoro, tutelabile ai sensi dell’art. 2 del D.P.R. n. 1124/65 , essendo avvenuto durante lo svolgimento di attività lavorativa (cd. tempo di viaggio) e non durante il percorso per recarsi dal luogo di abitazione al lavoro, escludendone l’indennizzabilità.
Il motivo è fondato, nei termini che seguono.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, “Il tempo per raggiungere il luogo di lavoro rientra nell’attività lavorativa vera e propria (e va, quindi, sommato al normale orario di lavoro come straordinario) allorché lo spostamento sia funzionale rispetto alla prestazione; in particolare, sussiste il carattere di funzionalità nei casi in cui il dipendente, obbligato a presentarsi presso la sede aziendale, sia poi di volta in volta destinato in diverse località per svolgervi la sua prestazione lavorativa” (Cass. n. 17511/10, 5701/04 ).
Nella specie, il lavoratore era giunto sul luogo di lavoro, avendo raggiunto la sede aziendale con mezzi propri ed era a disposizione del datore di lavoro. Lo spostamento verso il cantiere, era uno spostamento all’interno dell’orario di lavoro e funzionale per lo svolgimento delle mansioni che gli erano richieste dal datore di lavoro, il quale doveva sorvegliare per prevenire condotte imperite pertanto, ciò che va accertato è se, in tale contesto (e non invece nel contesto di un infortunio in itinere) sia stata posta in essere o meno, da parte di A.A., una condotta abnorme idonea ad elidere il nesso eziologico con lo svolgimento dell’attività lavorativa sopra indicata (va rilevato che la Corte d’Appello, da parte sua, si è attestata su un giudizio di imprudenza, cfr. p. 11 della sentenza impugnata).
In accoglimento del ricorso, la sentenza va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’Appello di Trieste in diversa composizione, affinché, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione
Accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Trieste, in diversa composizione.
Nota a Cass. (ord.) 5 novembre 2024, n. 28429