In materia di tutela dei soggetti portatori di handicap, il limite biennale, non superabile nell’arco della vita lavorativa, previsto per il congedo straordinario per assistere familiari con disabilità, ai sensi dell’art. 42, co. 5, D. LGS. 26 marzo 2001, n. 151 (c.d. “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità”), deve riferirsi, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma, non al dipendente incaricato delle cure, ma a ciascun soggetto che si trovi nello stato di bisogno, “in modo da non lasciarne alcuno privo della necessaria assistenza che la legge è diretta ad assicurare”.
Lo ha stabilito il Tribunale di Sassari (19 marzo 2024, R.G.N. 1589/2023), in relazione ad una fattispecie concernente un lavoratore che chiedeva l’accertamento del diritto al congedo straordinario per assistere il padre, portatore di handicap in situazione di gravità, nonostante ne avesse già fruito per complessivi 24 mesi in ragione della disabilità della madre.
All’esito del procedimento amministrativo, l’INPS, sul presupposto che il congedo straordinario spetta al dipendente per un massimo di due anni nella vita lavorativa, a prescindere dal numero di soggetti con handicap grave assistiti, aveva rigettato la domanda di accesso al beneficio di cui all’art. 42, co. 5, cit., avendo il richiedente già superato “i 730 giorni di congedo complessivamente concessi dalla normativa”.
Come noto, l’art. 42, co. 5 cit. riconosce il diritto a soggetti specificamente individuati, secondo un rigido ordine gerarchico, di fruire, entro 30 giorni dalla richiesta, del congedo di cui all’art. 4, co. 2, L. 8 marzo 2000, n. 53 per l’assistenza di persone con disabilità in situazione di gravità, riscontrabile in presenza di una minorazione, singola o plurima, tale da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione (artt. 3, co. 3 e 4, L. 5 febbraio 1992, n. 104).
Il congedo straordinario è retribuito con un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione, calcolata con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento, e costituisce un periodo di sospensione del rapporto di lavoro coperto da contribuzione figurativa valida sia per il diritto che per la misura della pensione. L’indennità e la contribuzione figurativa non possono superare un importo complessivo massimo rivalutato annualmente sulla base della variazione dell’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, pari ad Euro 56.586,00 per il 2024 (art. 42, co. 5 ter, cit.) (v. MSG INPS 4 gennaio 2024, n. 30 e Circ. INPS 25 gennaio 2024, n. 21).
Il medesimo periodo non è computato ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine servizio o di fine rapporto (art. 42, co. 5 quinquies, cit.).
Il congedo straordinario, che è accordato a condizione che la persona da assistere non sia ricoverata a tempo pieno (salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del soggetto che presta assistenza), “non può superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap e nell’arco della vita lavorativa” e non può essere riconosciuto a più di un lavoratore per l’assistenza alla stessa persona (art. 42, co. 5 bis, cit.).
Ad avviso del Tribunale, il limite biennale deve riferirsi non al singolo lavoratore ma a ciascun soggetto portatore di handicap che si trovi in una situazione di bisogno, al fine di evitare che una persona rimanga priva della necessaria assistenza solo per il fatto che il prestatore ha già fruito del congedo nel limite massimo di complessivi 730 giorni nel corso della sua vita lavorativa per assistere un altro familiare invalido (Cass. n. 11031/2017).
Ciò, dal momento che il congedo straordinario – che costituisce uno strumento di politica socio-assistenziale basato sia sul riconoscimento della cura prestata dai congiunti che sulla valorizzazione delle relazioni di solidarietà interpersonale e intergenerazionale (in attuazione degli artt. 2, 3, 29, 32 e 118, co. 4, Cost.) – è diretto non tanto a garantire la presenza del lavoratore nel proprio nucleo familiare quanto ad assicurare in via prioritaria la continuità nelle cure e nell’assistenza del disabile che si realizzino all’interno della famiglia, “finalità che resterebbe invece frustrata ove dovesse essere posto il limite del biennio indipendentemente dal numero di soggetti gravemente assistiti, invece che del biennio a beneficio di ciascuno” (Corte Cost. n. 19/2009; Corte Cost. n. 325/1996; Cass. SS. UU. n. 16102/2009; Cass. n. 4623/2010).
Pertanto, al fine di dare piena attuazione al diritto della persona invalida di ricevere assistenza nell’ambito della sua comunità di vita, quale elemento inscindibilmente connesso con il diritto alla salute e quale fulcro delle tutele apprestate dal legislatore e finalizzate a rimuovere gli ostacoli suscettibili di impedire il pieno sviluppo della persona umana, deve ritenersi che il congedo biennale spetti al lavoratore per ogni familiare con handicap assistito in modo da assicurare a ciascuno di essi le necessarie prestazioni sanitarie e riabilitative nonché la cura, l’inserimento sociale e la continuità delle relazioni costitutive della personalità umana.
In attuazione di tali principi, il giudice ha riconosciuto il diritto del lavoratore al congedo straordinario per assistere il padre di disabile, pur avendo già fruito del congedo biennale per prestare le cure alla madre invalida, rigettando la tesi dell’ente previdenziale secondo cui chi ha più di un familiare portatore di handicap può beneficiare del congedo per ognuno di essi ma non potrà comunque mai superare i due anni, non essendo previsto il c.d. “raddoppio”.
Nota a Trib. Sassari 19 marzo 2024 R.G.N. 1589/2023