La normativa di riordino del sistema previdenziale degli impiegati degli enti locali, con l’abrogazione dell’art. 21 R.D. 680/1938, ha ampliato l’ambito di applicazione dei destinatari dell’obbligo di iscrizione, che coinvolge tutti i dipendenti degli enti locali, “a qualunque titolo assunti, anche se adibiti a servizi di carattere eccezionale o straordinario ancorché l’assunzione sia a tempo determinato o a titolo di supplenza o per attività non istituzionali” (così, nel testo dell’art. 4 co .2 L.274/91); vi rientrano i dipendenti ex-C. assunti a termine in forza della normativa occupazionale straordinaria ex D.L. 24/1986 e poi stabilizzati ai sensi dell’art. 1-bis del d.l. 78/98 conv. in L. n.176/1998, per i quali l’amministrazione comunale … ha sempre versato i contributi previdenziali alla CPDEL, assorbita in INPDAP”. Con riguardo a tali lavoratori è legittima la pretesa dell’INPS di ricevere la contribuzione di malattia sulla base delle aliquote rideterminate ai sensi dell’art. 31, co.4, L. n. 41/1986.
Così si esprime la Corte di Cassazione 12 dicembre 2024, n. 32172, nel contenzioso concernente il recupero del contributo di finanziamento dell’indennità economica di malattia, per i valori compresi tra il 2013 ed il 2016, relativamente ai lavoratori già dipendenti della società C., assoggettati al CCNL Edilizia, assunti a termine ex D.L. n. 24/1986 – recante norme su interventi urgenti per la manutenzione e salvaguardia del territorio nonché del patrimonio artistico e monumentale della città di Palermo – e in seguito stabilizzati in attuazione dell’art. 1-bis, D.L. n.78/1998.
A fronte della natura pubblicistica del datore di lavoro, il giudice di primo grado aveva sostenuto che non fosse applicabile ai predetti lavoratori, la disciplina di riordino della materia (di cui all’art. 20, co. 1, D.L. n. 112/2008 ed art. 18, co.16, D.L. n. 98/2011, conv. in L. n.111/2011) in forza della quale era stato disposto (a decorrere dal 1/5/2011) l’obbligo di versamento della contribuzione di malattia all’INPS anche da parte dei datori di lavoro soggetti all’applicazione della Legge 11 gennaio 1943, n.138 (a carico dei quali era direttamente posto l’onere di trattamento di malattia dei lavoratori dell’industria).
Diversamente la decisione di secondo grado ha confermato la legittimità della richiesta dell’INPS. L’istituto ha infatti rilevato che l’art. 20, D.L.n. 112/2008, al co. 1-bis (introdotto a seguito dell’intervento della Corte Costituzionale con sentenze n. 47/2008 e n. 48/2010) “aveva previsto che, a decorrere dall’1/5/2011, i datori di lavoro che avevano corrisposto per legge o per contratto collettivo il trattamento economico di malattia, avessero l’obbligo di versare la contribuzione di malattia; e, trasponendo la disciplina al caso in esame, il Comune di Palermo è tenuto a provvedere al versamento della contribuzione per i dipendenti soggetti al CCNL Edilizia e Industria, a nulla rilevando la circostanza che si tratti di lavoratori iscritti alla Cassa degli istituti di previdenza dei dipendenti pubblici, giacché elemento determinante non si rinviene nella natura giuridica del datore di lavoro ma nell’inclusione di quest’ultimo nella disciplina collettiva del settore industria rientrante nella sfera di applicazione dell’art. 6 della Legge 138/43”.
I giudici di legittimità hanno accolto il ricorso del Comune, rilevando che:
1) “la questione della permanenza o meno dell’obbligo contributivo per i datori che siano tenuti a corrispondere, in forza di legge o contratto collettivo, il trattamento economico di malattia al proprio personale non è stata sempre affrontata in modo univoco; lo stesso legislatore al primo comma dell’art. 20 della L. 133/2008 aveva inizialmente negato l’obbligo generale di versamento della contribuzione all’Istituto (“non sono tenuti al versamento…”), poi la Corte Cost. n. 82/2013 aveva dichiarato l’illegittimità della norma nella parte in cui, nonostante l’abolizione dell’obbligo contributivo, prevedeva lo ius retentionis dell’Inps per i contributi già versati. Il successivo comma 1 bis (introdotto con DL n . 98/2011, art. 18, co. 16) aveva invece nuovamente affermato che i datori di lavoro di cui al co. 1 “sono comunque tenuti al versamento della contribuzione di finanziamento dell’indennità economica di malattia” ed il secondo co. dell’art. 20 reintroduceva una soluzione intermedia per alcune categorie di lavoratori”;
2) la conferma della pretesa contributiva (da parte della Corte di appello), basata sul rilievo che si tratti di lavoratori del settore industria, non ha considerato che l’art. 4, L. n. 138/43 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui limita alle categorie di lavoratori ivi indicate l’iscrizione obbligatoria all’ente (v. Corte Cost. n. 183/1981);
3) ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater del DPR 30/05/2002 n. 115, non sussistono “i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13”.
Sentenza
CORTE DI CASSAZIONE 12 dicembre 2024, n. 32172
Lavoro – Avvisi di addebito emessi da INPS – Recupero contributo di finanziamento dell’indennità economica di malattia per lavoratori poi stabilizzati – Accoglimento
Fatti di causa
1.- Con ricorso notificato il 14/10/2021 il COMUNE DI PALERMO, in persona del suo rappresentante legale pro tempore, impugna la sentenza n.186/2021 emessa dalla Corte d’appello di Palermo -sezione lavoro- che, in riforma della pronuncia del Tribunale della stessa città, ha confermato n. 5 avvisi di addebito emessi da INPS ed annullati in primo grado per infondatezza della pretesa, aventi ad oggetto il recupero del contributo di finanziamento dell’indennità economica di malattia per i valori compresi tra il 2013 ed il 2016 riguardante i lavoratori già dipendenti della società C., assoggettati al CCNL Edilizia, assunti a termine ex D.L. 24/1986 -recante norme su interventi urgenti per la manutenzione e salvaguardia del territorio nonché del patrimonio artistico e monumentale della città di Palermo- e di seguito stabilizzati in attuazione dell’art. 1-bis D.L. 78/1998.
2. – Il giudice di primo grado aveva sostenuto che non fosse applicabile ai predetti lavoratori, stante la natura pubblicistica del datore di lavoro, la disciplina di riordino della materia (di cui all’art. 20 comma 1 D.L. 112/2008 ed art. 18 comma 16 D.L. 98/2011 conv. in Legge 111/2011) in forza della quale era stato sancito a decorrere dall’1/5/2011 l’obbligo di versamento della contribuzione di malattia all’INPS anche da parte dei datori di lavoro soggetti all’applicazione della Legge 11 gennaio 1943, n.138 (direttamente a carico dei quali era posto l’onere di trattamento di malattia dei lavoratori dell’industria).
3. – Nella sentenza di secondo grado, rammentata la disciplina corporativistica da ultimo citata, nonché richiamate le disposizioni dell’art. 20 D.L. 112/2008 (secondo cui i datori di lavoro che hanno corrisposto il trattamento di malattia non sono tenuti al versamento della relativa contribuzione all’Istituto), e dell’art. 18 comma 16 D.L. 98/11 (che novellava, integrandolo, il predetto art. 20 e reinterpretava autenticamente l’art. 6 L.138/43 nel senso che i datori che hanno corrisposto il trattamento di malattia con esonero dell’istituto dall’erogazione dell’indennità non sono tenuti al versamento della relativa contribuzione ma restano acquisite alla gestione e conservano efficacia le contribuzioni versate per i periodi anteriori alla data di cui al comma 1-bis, ossia anteriori all’1/5/2011, mentre per i periodi successivi i datori di lavoro sono comunque tenuti al versamento della contribuzione di finanziamento dell’indennità economica di malattia in base all’art. 31 L. 41/1986), confermava, invece, la legittimità della pretesa dell’INPS di ricevere la contribuzione di malattia sulla base delle aliquote rideterminate ai sensi dell’art. 31 comma 4 L.41/1986; il Comune di Palermo aveva infatti pacificamente ammesso di aver sempre sostenuto le prestazioni di malattia e maternità per il personale assunto ex d.l. 24/86, senza chiedere alcun rimborso all’INPS nel rispetto dell’art. 66 CCNL Edilizia Industria, per cui estendendo al personale del Comune di Palermo il regime previsto per la categoria dei lavoratori del settore industria ex art. 6 L.138/1943, ne emergeva uno “status giuridico sui generis la cui connotazione pubblicistica sul piano dell’inquadramento, degli obblighi e delle tutele che ne conseguono, coesiste con l’applicazione di un regolamento derogatorio concernente uno specifico aspetto della disciplina previdenziale tipico dei lavoratori dell’industria la quale prescinde dalla qualità soggettiva del datore di lavoro e ne legittima la sottoposizione al regime proprio di tale settore”.
In tal modo dava rilevanza non tanto alla natura pubblicistica del datore di lavoro quanto alla circostanza oggettiva della sua inclusione nella disciplina collettiva del settore industria, rientrante nell’ambito applicativo della L. 138/43.
4. – La ricorrente Amministrazione comunale, premesso di versare la contribuzione alla Cassa enti locali in virtù dell’obbligatoria iscrizione del personale assunto ex D.L. 24/1986 e definitivamente stabilizzato con contratto a tempo indeterminato, inizialmente iscritto ad INPS con una propria posizione contributiva ed iscritto a decorrere dall’1/1/1991 alla CPDEL, cui aveva sempre versato i contributi previdenziali come previsto dall’art. 4 comma 2, Legge 8 agosto 1991 n.274, lamenta di aver ricevuto una richiesta di ulteriore contribuzione per una posizione contributiva che non riguarda affatto i dipendenti delle pubbliche amministrazioni iscritti alla Cassa di previdenza dei dipendenti pubblici, e che quindi sia illegittima la pretesa contributiva avanzata da INPS con gli avvisi di addebito originariamente opposti, per il recupero del contributo di finanziamento delle indennità economica di malattia per i dipendenti assoggettati al CCNL Edilizia; quindi, impugna la sentenza di appello che ha sostenuto la legittimità della pretesa dolendosi che i giudici del gravame siano incorsi, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n.3 cod. proc. civ., in violazione e falsa applicazione dell’art. 4 comma 2 della Legge n. 274/1991, e degli artt. 4, 6, 9 della Legge n.138/43; in particolare, rammentato lo status giuridico del personale delle pubbliche amministrazioni lamenta l’omesso richiamo, nella ricostruzione della cornice normativa compiuta nella sentenza di appello, della disposizione dell’art. 4 co.2 L. 274/91 circa l’obbligatorietà della iscrizione alle Casse degli istituti di previdenza dei dipendenti a qualunque titolo assunti dall’ente locale, ritenendo così erronea la riconduzione del personale in questione nell’ambito del personale dell’industria, ed erronea la sottoposizione dei pubblici dipendenti alla disciplina della L. 138/43 che non li richiama.
Ne discende l’infondatezza del recupero contributivo riportato negli avvisi di addebito, e conclude per l’accoglimento del ricorso con cassazione della sentenza impugnata ed annullamento degli avvisi di addebito.
5. – L’INPS si costituisce con controricorso insistendo per la conferma della impugnata sentenza, tenuto conto che l’art. 20 del d.l. 112/2008, al comma 1-bis (introdotto a seguito dell’intervento della Corte Costituzionale con sentenze n. 47/2008 e n.48/2010) aveva previsto che, a decorrere dall’1/5/2011, i datori di lavoro che avevano corrisposto per legge o per contratto collettivo il trattamento economico di malattia, avessero l’obbligo di versare la contribuzione di malattia; e trasponendo la disciplina al caso in esame, il Comune di Palermo è tenuto a provvedere al versamento della contribuzione per i dipendenti soggetti al CCNL Edilizia e Industria, a nulla rilevando la circostanza che si tratti di lavoratori iscritti alla Cassa degli istituti di previdenza dei dipendenti pubblici, giacché elemento determinante non si rinviene nella natura giuridica del datore di lavoro ma nell’inclusione di quest’ultimo nella disciplina collettiva del settore industria rientrante nella sfera di applicazione dell’art. 6 della Legge 138/43.
6. – In pubblica udienza il PM ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Ragioni della decisione
1.Il ricorso è fondato.
2. L’unico motivo di ricorso si articola in due questioni: la violazione dell’art. 4 comma 2, L. 274/1991, non contemplato nella cornice normativa richiamata dalla Corte d’appello benché la norma preveda l’obbligatorietà dell’iscrizione di tutti i dipendenti, a qualunque titolo siano assunti dall’ente locale, alla Cassa pensioni degli istituti di previdenza, e la violazione della disciplina della Legge 138/1943 che, riferita ai lavoratori del settore industria, non richiama i pubblici dipendenti.
3. Sotto il primo profilo, si osservi che la disciplina di riordino del sistema previdenziale degli impiegati degli enti locali, con l’abrogazione dell’art. 21 R.D. 680/1938, ha ampliato la platea dei destinatari dell’obbligo di iscrizione, che coinvolge tutti i dipendenti degli enti locali, “a qualunque titolo assunti, anche se adibiti a servizi di carattere eccezionale o straordinario ancorché l’assunzione sia a tempo determinato o a titolo di supplenza o per attività non istituzionali” (così nel testo dell’art. 4 co.2 L.274/91); vi rientrano i dipendenti ex-C. assunti a termine in forza della normativa occupazionale straordinaria ex D.L. 24/1986 e poi stabilizzati ai sensi dell’art. 1-bis del d.l. 78/98 conv. in L. n.176/1998, per i quali l’amministrazione comunale, circostanza non contestata dal controricorrente, ha sempre versato i contributi previdenziali alla CPDEL, assorbita in INPDAP.
3.1 – L’omessa valutazione della predetta disciplina nell’ambito della disamina delle fonti normative della posizione contributiva e previdenziale dei dipendenti ex C. assunti presso il Comune di Palermo non ha consentito l’evoluzione accertativa e l’ulteriore sviluppo argomentativo nella verifica di fondatezza della pretesa avanzata da INPS negli avvisi di addebito opposti sulle seguenti circostanze: se, nelle annualità di riferimento, l’attuazione della disciplina dell’art. 26 CCNL edilizia industria fosse compatibile con la obbligatorietà della apertura della posizione contributiva per i dipendenti degli enti locali (tenuto conto che la natura pubblica del datore di lavoro possa costituire un criterio idoneo ad assicurare omogeneità di trattamento a tutti i lavoratori facenti capo al medesimo, e giustifichi l’inserimento del lavoratore all’interno del comparto della P.A.), e se l’effettivo versamento della contribuzione alla cassa dei dipendenti pubblici fosse compatibile con la richiesta della ulteriore contribuzione riportata negli avvisi di addebito (con eventuali ulteriori relazioni susseguenti volte ad eliminare, con recupero, duplicazioni contributive per lo stesso titolo).
3.3. – Diversamente, ove si escluda la doluta violazione della disciplina di cui all’art. 4 d.lgs. 274/91, (ndr art. 4 l. 274/91) si dovrebbe ritenere coevamente sussistente in capo all’amministrazione comunale datrice di lavoro un doppio obbligo: di iscrivere tutti i propri dipendenti versando la contribuzione alla Cassa, e di pagare la contribuzione di finanziamento dell’indennità di malattia, sostenendone a monte il correlato costo di trattamento.
4. Riguardo alla denunciata violazione degli artt. 4, 6, 9 della Legge n.138/43 vengono egualmente in rilievo sia il carattere del settore produttivo (industria) in cui operano i lavoratori assunti, nel caso specifico, per le finalità di cui alla legge d.l. 24/86 e assoggettati alla contrattazione collettiva edilizia, sia il connotato pubblicistico del datore di lavoro con la conseguente applicazione della normativa di cui al D.L. 112/2008 e successiva interpretazione autentica dell’art. 6 L.138/43 ai sensi dell’art. 20 d.l. 98/11.
4.1 – La conferma della pretesa contributiva in sede di appello sul rilievo che si tratti di lavoratori del settore industria non ha tuttavia considerato che l’art. 4 della Legge 138/43 era stato dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui limita alle categorie di lavoratori ivi indicate l’iscrizione obbligatoria all’ente (Corte Cost. sent. n. 183/1981).
4.2 – L’art. 6 secondo comma disciplina poi il caso in cui la prestazione di indennità giornaliera di malattia non sia a carico di INPS bensì del datore di lavoro tenuto ad erogare il relativo trattamento economico, ma ciononostante i contributi sono egualmente dovuti all’istituto (Cass. SU n.10232/2003, in cui si afferma che l’art. 6 comma 2 non esonera il datore di lavoro dall’obbligo di versare la contribuzione previdenziale a favore dell’INPS in virtù del generale principio di solidarietà posto a fondamento della previdenza sociale, mancando un nesso di reciproca giustificazione causale fra contributi e prestazioni, ed in ragione della natura pubblicistica dell’obbligazione, sottratta alla disponibilità di negozi giuridici di diritto privato).
Tuttavia, la questione della permanenza o meno dell’obbligo contributivo per i datori che siano tenuti a corrispondere, in forza di legge o contratto collettivo, il trattamento economico di malattia al proprio personale non è stata sempre affrontata in modo univoco; lo stesso legislatore al primo comma dell’art. 20 della L. 133/2008 aveva inizialmente negato l’obbligo generale di versamento della contribuzione all’Istituto (“non sono tenuti al versamento…”), poi la Corte Cost. n. 82/2013 aveva dichiarato l’illegittimità della norma nella parte in cui, nonostante l’abolizione dell’obbligo contributivo, prevedeva lo ius retentionis dell’Inps per i contributi già versati.
Il successivo comma 1 bis (introdotto con DL n.98/2011, art. 18 comma 16) aveva invece nuovamente affermato che i datori di lavoro di cui al comma 1 “sono comunque tenuti al versamento della contribuzione di finanziamento dell’indennità economica di malattia” ed il secondo comma dell’art. 20 reintroduceva una soluzione intermedia per alcune categorie di lavoratori.
4.3 – E nella determinazione della misura del contributo deve tenersi conto dell’art. 9 L. n.138/43 che ha superato il vaglio di costituzionalità con la sentenza n. 47/2008 (“l’ampia discrezionalità della quale gode il legislatore nel conformare, anche in attuazione del principio di solidarietà, gli oneri della contribuzione previdenziale, è stata infatti esercitata in modo non irragionevole”); un’ulteriore o diversa modalità di determinazione del contributo potrebbe porsi in contrasto con la predetta norma.
5. L’impugnata sentenza ha dato, quindi, rilevanza alla disciplina collettiva del settore Industria, laddove il fondamento dell’obbligo contributivo si rinviene nella prevista obbligatorietà dell’iscrizione e nella natura pubblicistica del rapporto contributivo.
Si aggiunga che questa Corte ha già affrontato le questioni dell’inquadramento normativo e dell’interpretazione giurisprudenziale fornita a partire dalla citata pronuncia a Sezioni Unite del 2003, accogliendo il ricorso dei datori di lavoro avverso le sentenze di appello che avevano confermato le pretese contributive dell’INPS (sent. n.980/2016, e n. 24945/2015), rilevando la necessità di un ulteriore approfondimento nel merito per l’accertamento delle condizioni legislativamente stabilite per l’iscrizione ai rispettivi enti previdenziali dei lavoratori cui la pretesa si riferisce, ovvero per procedere a nuovo esame sull’accertamento della natura dei pagamenti effettuati dal datore e delle eventuali ragioni di credito residue tra le parti.
6. Analogamente, in questa sede, il ricorso deve essere accolto e l’impugnata sentenza deve essere cassata con rinvio al giudice indicato in dispositivo il quale, in applicazione dei principi di cui innanzi e ritenuta l’applicazione dell’art. 4 comma 2 della L. 264/1991 (ndr art. 4 comma 2 della L. 274/1991) , in periodo coevo alle pretese contributive riportate negli avvisi di addebito, accerti la sussistenza delle anzidette condizioni per la fondatezza delle stesse.
Lo stesso giudice provvederà circa le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità alla Corte di Appello di Palermo in diversa composizione.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del DPR 30/05/2002 n. 115, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Nota a Cass. 12 dicembre 2024, n. 32172